
Rider e quel caporalato cittadino di cui nessuno si sporca – ma che sporca i diritti
Qualche giorno fa ho avuto modo di scontrarmi con una realtà di cui, sino
Il tema dell’assistenza sanitaria gratuita per gli animali domestici è un tema di civiltà. Civiltà, sì. Perché per milioni di italiane e di italiani un animale domestico non è solo un cane o un gatto: è un’ancora emotiva e psicologica. È un supporto costante e quotidiano al benessere psicofisico di tante persone che, non di rado, vivono in condizioni di fragilità emotiva (persone sole, ad esempio).
Oltre alla questione etica sul benessere degli animali, preservare quei supporti significa quindi preservare tante persone.
Ad oggi questo purtroppo non è sempre possibile. Perché per tante persone non è sempre semplice garantire la salute dei propri cani e gatti, specialmente quando si tratta di operazioni chirurgiche. Spendere 300, 500 o 1000 euro per risolvere un problema di salute del proprio animale non è qualcosa di accessibile a tutti.
L’esito di quella impossibilità, spesso, è purtroppo il lasciare l’animale con il problema. Cosa che può portare a conseguenze gravi, come il decesso. E conseguentemente la devastazione emotiva del proprietario, che perde il proprio supporto e riceve un danno psicologico non indifferente, derivato dal peso di non esser riuscito a salvare il proprio compagno.
Per questo fornire assistenza sanitaria agli animali domestici, almeno per quelle persone con reddito basso, è un tema di civiltà. È un atto di giustizia e di umanità.
L’idea è quella di istituire, presso ogni regione italiana, un fondo volto a sostenere un Servizio sanitario veterinario mutualistico. Il fondo, il cui finanziamento si vedrà nel prossimo capitolo, servirà a coprire una percentuale compresa tra il 40 e il 100% delle spese sanitarie per animali domestici i cui proprietari abbiano come nucleo familiare un ISEE inferiore ai 21.000 euro annui.
La percentuale di copertura delle spese sarà inversamente proporzionale alle diverse fasce di ISEE. La più bassa avrà copertura totale, la più alta una copertura del 40% delle spese. Saranno previsti tetti massimi alla copertura basati sui tariffari medi delle operazioni veterinarie. I veterinari dovranno far pervenire alla Regione tutta la documentazione relativa all’operazione svolta.
La richiesta di copertura spese potrà essere fatta dal proprietario direttamente in loco dalla clinica veterinaria, compilando un modulo di richiesta copertura spese basato su un’autocertificazione della propria fascia ISEE. La clinica veterinaria trasmetterà poi all’ufficio competente della Regione la richiesta per la copertura integrale o parziale delle spese, che potranno comunque essere rateizzate, previo accordo con gli ordini veterinari.
I controlli sulla veridicità dell’autocertificazione verranno fatti a posteriori per una questione molto semplice: la necessità di velocizzare la pratica, dato che parliamo di salute e di esigenze immediate legate a condizioni fisiche dell’animale da compagnia delle persone.
Ad oggi il numero di animali domestici (cani e gatti) abbandonati in Italia ammonta a circa 130mila all’anno. L’abbandono di animali è un reato punibile, oltre che con l’arresto fino a 1 anno, anche con un’ammenda che può arrivare fino a 10mila euro.
Il problema è che rispetto al volume degli abbandoni le multe sono poche. Nel 2018, ad esempio, furono soltanto 1.218. Ciò significa che solo lo 0.90% circa degli abbandoni è stato punito dalla legge.
Ridurre questo gap, aumentando le multe per abbandono, non solo aiuterebbe a contrastare il fenomeno dell’abbandono stesso togliendo il senso di impunità dal reato, ma consentirebbe allo Stato di risparmiare sui costi del mantenimento degli animali abbandonati in canili e gattili, e garantirebbe un gettito di risorse indirizzabili proprio verso il fondo dedicato al Servizio sanitario veterinario mutualistico.
Altresì, il modo più efficace per aumentare i controlli e rintracciare con più facilità i trasgressori è quello del microchip. Per i cani è già obbligatorio, per i gatti no. Serve quindi intervenire per renderlo obbligatorio anche per i felini, modificando la legge già in essere. Ed è necessario che lo Stato, spendendo una tantum, avvii una campagna mirata ad aumentare il numero di animali effettivamente registrati all’anagrafe regionale degli animali da compagnia, d’accordo con gli organi competenti.
Operando in tal senso, ampliando l’anagrafe degli animali da compagnia, sarà estremamente più semplice risalire ai padroni degli animali da affezione abbandonati ogni anno in Italia, e quindi sanzionarli, colmando – almeno in parte – l’enorme, quasi abissale, gap che oggi c’è tra abbandoni e multe per abbandono, e dirottando quelle risorse sul Fondo dedicato al Servizio sanitario veterinario mutualistico.
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